Vi spiego come fare una startup

A stare al passo con le letture digitali e gli articoli di marketing e comunicazione ci sarebbe da sentirsi un fallito: che tutti quanti fanno cose e vedono gente, si conoscono, scambiano idee e fanno i frilens.

Io tutte le volte penso: ma se questi stanno sempre in giro, e vanno ai corsi, si iscrivono ai convegni, frequentano gli aggiornamenti, animano i barcamp…ma quando cazzo lavorano?

Metti che vengono da un licenziamento per riduzione del personale in agenzia -perchè si sa che quando c’è la crisi le prime spese ad essere tagliate sono quelle commerciali e quindi al copy o al comunication manager gli fai ciao ciao con la manina- oppure che sono delle eroe perchè le hanno buttate fuori in maternità: son convinta che senza una spintarella, il 90% col cavolo che si scollava dalla scrivania, nonostante i proclami sulla libertà di gestirsi da soli la propria professionalità. Comunque sia, il risultato è quello: free – lance, lancio libero.

Massima stima a chi è capace di riciclarsi e quindi (con la sua idea grandiosa) mette in piedi una startup.

Che a me sta parola fa anche un pò paura, perchè io l’ho vissuta tanti anni fa, quando in mezzo alle provette e alle pipette del laboratorio di biotecnologie, sniffando acetone e bestemmiando con lo spettrofotometro, mi era venuto in mente di aprire un’azienda che producesse integratori alimentari dagli scarti del cavolfiore (niente roba digitale, ai tempi eravamo makers). Allora ho partecipato a un concorso lanciato da una società di Venture Capital (figata) che se vincevi diventava il tuo angelo custode e ti dava i soldi per iniziare (poi vi racconto anche che non vedono l’ora di smembrare e vendere, loro guadagnano così); però non volevo parlare di squali in mezzo al mar. Volevo raccontarvi che io della startup ho avuto paura, perchè solo a pensare che tipo di mazzo bisogna farsi, a quante persone devi passare sopra e quanti anni di insonnia ti cucchi col pacchetto, ho avuto uno svenimento preventivo.

E’ per quello che da un certo punto di vista stimo tanto chi scieglie di mettersi in proprio: perchè è una guerra che non fa prigionieri. Soprattutto qui da noi, dove chi fallisce diventa subito un povero coglione.

Però mi incazzo anche perchè a guardarsi intorno pare che fare la startup sia la soluzione più figa e più elementare del mondo, e invece non è così. Per diventare imprenditori (anche di sè stessi) è necessario un rigore da monaco tibetano e una preparazione da astrofisico nucleare della NASA: non è che se conosci FB e cazzeggi su Instagram puoi fare il responsabile comunicazione di Giorgio Armani.

Che poi è proprio la vita che è una start up, da gestire oculatamente: preparare i bilanci previsionali, analizzare i competitors, trovare i partner e gli investitori. Poi magari succede anche che il socio che hai scelto non sia quello giusto, e allora c’è il divorzio -che può essere amichevole, ma che a volte diventa anche peggio delle emorroidi- Nella mia start up ho fallito diverse volte e, secondo la regola, mi sono sentita una vera cacca. Poi ho ricominciato da un’altra parte, un pò all’americana, valutando di nuovo i fornitori e andando a cercare clienti. Ho creato un paio di ottimi prodotti (che tra poco si venderanno da soli) e posso fare conto su un mercato stabile. Tutti i giorni il mio ufficio amministrativo regola i flussi in entrata e in uscita, l’apparato commerciale continua a mantenere i contatti con l’esterno e la catena di produzione fila liscia (anche se ogni tanto c’è un intoppo che necessita di manutentori preparati e pronti all’azione). Ho un organigramma da urlo: praticamente l’unica persona un pò cazzara che utilizza il metodo ad minchiam, sono io, il presidente.

La mia startup sono io. E’ probabile che tra qualche tempo si trasformerà in  stop-up, con gran sollievo e pace.

Nel frattempo mi guardo intorno, che a tenere gli occhi aperti si imparano un sacco di cose

6 pensieri su “Vi spiego come fare una startup

  1. mammadifretta ha detto:

    ecco appunto. io ne sono venuta fuori dopo un anno.Felicissima.Che lavori e anche guadagni e poi coi conti del commercialista senti una fitta al fegato.Mi manca il pesce rosso superguadagnatore. che poi un corso di marketing costa 600 euro e mi chiedo pure che senza il pesce rosso guadagnatore come minchia te lo paghi.Infatti il segreto sta proprio lì.

  2. Sei bravissima Luci, hai descritto con ironia tutto il percorso. Io non ho mai fatto startup, ci ho vissuto dentro qualche volta, ne ho pianificate almeno tre senza mai farle partire perché il modello di business non dava gli stessi risultati della voglia di pancia. Insomma, si fa presto a dir startup, ma ancor più alla svelta a dire shutdown.

    E i guru del marketing-communication-business developing-sales enforcement in fondo stanno facendo spesso la loro startup su di te, e spesso son più sgarrupati di quanto lo sia tu… Never forget!

  3. Sei fortissima! Finalmente ho trovato qualcuno, anzi qualcuna, che con spirito lucido e ironico, senza veli, orpelli e smancerie dice le cose come sono! Ho sempre pensato che gli sportivi hanno una marcia in più, peccato che il più delle volte non ne
    sono consapevoli e nn utilizzano le
    Loro potenzialità e competenza nella vita privata/lavorativa . Ovviamente parlo per me! Grazie e continua così!

  4. Veronica ha detto:

    Quel concetto oscuro: la start up! Sono anch’io una biotecnologa industriale, ora dottoranda, sono anni che sento parlare di start up, che mi é sempre stata dipinta come l unica via di fare pace col mondo di un biotecnologo: questa figura che è un po’ biologo ( ma biologo non è) un po’ chimico ( ma chimico non è) un po’ di tutto insomma. Ci sono tante idee e tanti stimoli nel mio laboratorio ma … Ritengo che metterle in pratica sia tutt’altro, grazie per il tuo punto di vista 🙂 e buona fortuna. Ps:sto quasi iniziando a pensare anche io che il marito ricco sia la vera soluzione universale di una donna !!

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