Io piango sempre.
A posto, fatto il coming out, che è confessione solo per il lettori digitali visto che chi mi conosce di persona di certo non si è perso questa caratteristica così evidente della mia personalità.
Sta cosa mi disturba, lo confesso. Non parlo delle lacrime che escono copiose insieme al turpiloquio quando sbatto il mignolino del piede nella gamba del letto; io mi riferisco alle manifestazioni emotive più disparate.
Già in tenera età le caratteristiche erano evidenti; lo scontro con mio padre era sempre accompagnato da tono alterato e guance violacee e inondate di pianto. Versione nervoso parentale.
La mia carriera sportiva è costellata di pianti storici, che ci stanno quando perdi, ma ti rendono sostanzialmente una piagnona quando si sviluppano in caso di vittoria: ho tutte foto con gli occhi gonfi e le espressioni da cartone animato. Ma che roba.
Non parliamo poi dei casi di cerimonie varie ed eventuali.
Laurea della Franci? Pianto.
Battesimo del figlio della Fedi? Pianto.
Matrimonio della Lalli? Piantissimo.
Inaugurazione della cartoleria Becilli? Pianto. Taglio del nastro biblioteca comunale? Pianto. Lettura della commemorazione della Soha? Pianto. Prime tre pagine dei disegni della primaria sull’articolo 1 della Costituzione? Pianto.
Luci ho mollato mio marito che mi aveva messo le corna, però adesso sono innamorata. Pianto.
Luci hai voglia di scrivere per me, gratis? Pianto (forse non era commozione…)
Luci ti regalo una vacanza in sardegna. Pianto (bugia, ste cose non mi succedono)
Certo non posso parlarvi del fatto che mi commuova anche guardando film e cartoni animati, perchè tanto lo sapete che con alcuni finali si piange. Che ne so: Incompreso, Autunno a New York, Love Story, Bambi. Dai quei film li fanno apposta. Magari però è meno normale far scendere la lacrima con il bimbo che vede per la prima volta Jack Frost, oppure con Rapunzel che tocca il prato scendendo dalla torre. Magari.
Piango per le pubblicità televisive. Ossignor quella degli sportivi, ma anche quella con Matthew McConaughey…ah dite che non piangevo per l’emotività? Vabbè, comunque la lacrima c’è scappata.
E le recite scolastiche? Santiddio sono diventata lo zimbello della scuola (e prima della materna). I papà fanno le foto a me, poi mi chiedo pure l’autografo. Io mi metto a piangere già nella fase sgomitare-per-sedersi, quella a sipario chiuso dove devi superare un percorso massacrante tipo l’addestramento dei Navy Seals e riuscire a trovare un pertugio da cui si possa vedere lo spettacolo. Mi commuovo a pensare che i nostri bimbi crescono, diventano grandi e indipendenti, imparano le canzoni e i passi di ballo e…buaaahhhh.
Ieri sera guardavo la Carolina Kostner vincere il suo primo bronzo olimpico e le lacrime mi scendenvano abbondanti e incontrollate. Nel senso che proprio non mi sono accorta, beccata subito dalla settenne. “Mamma cosa fai, piangi?”
Oh figlia, piango, si piango. Tanto è da una vita che piango, oramai devo mantenere una certa reputazione, devo allenarmi. Mi vergogno, mi sento sempre la prefica della situazione, proprio io che certe manifestazioni esagerate non le ho mai comprese. Piango e un pò mi vergogno. Piango perchè sudo l’emozione fuori dal cuore, è una questione di igiene dell’anima: ho paura che a lasciarle stagionare certe tossine, possano diventare velenose , che magari fanno un tappo e poi mi viene la secchezza dell’essenza. Che mi sembra una malattia brutta.
Allora tra l’arsura dentro e l’umidità fuori scelgo la seconda: certo a volte fai brutta figura, però almeno non fa male a nessuno.