Ci eravamo tanto amati

Io non sono fatta per questo mondo. Preciso: non sono fatta per questo mondo incivile.

Non voglio vedere le schifezze in cui mi imbatto ogni volta che esco in bicicletta: automobili che mi tagliano la strada, parcheggi selvaggi sulla ciclabile, clacson che fanno saltare la gioppina tutta presa a evitare cacche di cane.

Mi saltano i nervi ad ogni isola ecologica, che ha tutto tranne la buona prassi sostenibile: coperchi rotti, sacchi lasciati in giro. Per non parlare poi della differenziata: che ogni volta che passo davanti alla raccolta della carta e della plastica ci manca solo l’insegna “dal zozzone: butta qui quello che ti passa per la testa”

Non ce la faccio a vedere adulti senzienti tentare di superare la coda, nonni che indicano ai nipotini il modo migliore per fregare un sedile sull’autobus.

Mi si contorcono le budella quando richiedo una visita specialistica e trovo un appuntamento tra sei mesi.

E i numeri da circo su carreggiate sempre troppo stretti per i fenomeni da baraccone.

E’ una catastrofe sapere che una mamma non può continuare a lavorare perchè non trova strutture che la aiutino in famiglia.

Io non me la sento di favorire questa congregazione di furbi, io voglio trovare di meglio per me, per il socio e per nostra figlia. Ho solo paura a lasciare i miei affetti, a cui sono molto legata, i miei e mia sorella.

In fondo ho anche tanta tristezza ad allontanarmi da questa meravigliosa Italia, che non ha eguali per meraviglie storiche e artistiche; è un paese che ti riconcilia con la bellezza alla tua pace interiore: sempre che tu possa superare l’isterismo esteriore.

Sarei già scappata, lo dico; cercherei una terra più moderna dal punto di vista sociale, e credo ce ne siano, anzi ne sono certa. Ma non riesco a staccarmi dalle radici, non riesco a fuggire. Soprattutto non voglio che altri menefreghisti consumino e portino alla rovina il posto in cui sono cresciuta: devo fare qualcosa. Per ora restare è l’unica arma: ma soffro.